D'estate i calanchi appaiono pressochè privi di copertura vegetale: molte piante hanno, infatti, concluso il loro breve ciclo vegetativo, altre sopravvivono con organi sotterranei, altre ancora lasciano precocemente cadere le foglie per diminuire la traspirazione.
In primavera e autunno si assiste a una ripresa della vita vegetale, favorita da una minore concentrazione di sali dilavati dalle piogge. La sommità dei calanchi e i crinali che suddividono le vallecole sono occupati da una prateria di graminacee che in gran parte frequentano i prati aridi circostanti: paleo comune, fienarola bulbosa, grano delle formiche, erba mazzolina, gramigna comune; facilmente riconoscibili sono i capolini giallo-dorati di Aster linosyris. Compare anche Ononis masquillierii, una leguminosa esclusiva dei terreni argillosi emiliani e marchigiani.
La scarsa compattezza del manto erboso favorisce l'erosione che mette a nudo le argille sottostanti, avviando il processo di formazione del calanco. Sulle argille affioranti, che formano caratteristiche pareti ripide, instabili e ricche di sali, compare la sulla, la cui fioritura in primavera tinge di rosso interi versanti; a essa si affiancano pochi isolati cespi di gramigna, orzo marittimo e scorzonera.
Alla base del calanco, infine, dove si accumulano le colate di argilla, vegetano piante che sopportano il ristagno d'acqua: farfaro, ceppitoni e nappola (Xantium italicum), dal caratteristico frutto ricoperto di spine uncinate. Le zone limitrofe ai calanchi e i numerosi campi abbandonati, specie sui terreni argillosi, sono occupati da arbusti pionieri che progressivamente vanno a colonizzare questi spazi, in passato disboscati per ricavare pascoli o seminativi: rose selvatiche, biancospini, prugnolo, ginestra, marruca, ginepro e perastro compaiono dapprima isolati, per formare poi fitti arbusteti che evolvono in boscaglie, contrastando con efficacia erosioni e smottamenti del terreno.