L'economia della zona si è basata per secoli sulle pratiche tradizionali e le coltivazioni che il clima e le asperità del territorio montuoso consentivano. Le ricchezze maggiori sono sempre state l'allevamento del bestiame, lo sfruttamento dei boschi per la produzione di legname e carbone e la coltivazione del castagno, ancora oggi presente in formazioni quasi pure destinate alla produzione dei frutti o più di frequente ormai mescolato al faggio in boschi cedui.
Le castagne, dopo l'essiccazione nei caratteristici seccatoi, venivano portate ai mulini mossi dalle acque dei torrenti Brasimone e Limentra, dove confluivano anche i pochi cereali raccolti.
Pecore e mucche pascolavano nei pianori erbosi anche alle quote più alte, mentre ai maiali, il cui allevamento era stato incentivato dai Longobardi, erano riservate le aree prossime agli abitati e gli abbondanti frutti dei querceti.
All'attività nei campi o nei boschi si affiancavano modeste attività artigianali come la lavorazione di lana e cotone e quella del legno, per produrre oggetti di uso domestico.
Un qualche rilievo nell'economia delle valli ebbero le miniere della valle del Limentra di Treppio: una ferriera di proprietà dei bolognesi Volta rimase attiva tra '400 e '500 nei dintorni di Stagno, in località le Fabbriche, e in seguito fu venduta a una famiglia di Pistoia che costruì le cosiddette Fabbriche nuove in una posizione più a monte del torrente, in territorio toscano; l'attività decadde però nel secolo successivo lasciando traccia di sé solo nei toponimi.
Assai rinomata, invece, grazie all'abilità della famiglia Acquafresca, fu la lavorazione del ferro e del bronzo per produrre armi, che tra i secoli XVII e XVIII ebbe a Bargi uno dei centri più importanti della montagna bolognese. I principali luoghi di scambi commerciali erano i mercati di Castiglione e Porretta, ma la scarsa rete viabile rendeva assai difficoltosi i trasporti.
I boschi e le limitate attività artigianali non permettevano comunque a tutte le famiglie di assicurarsi di che vivere.
In montagna i mesi invernali erano sempre i più difficili e alla tradizionale transumanza delle greggi verso le maremme toscane si aggiungevano le frequenti emigrazioni stagionali, che non di rado divenivano stabili, di lavoratori verso altre regioni o nazioni (boscaioli e carbonai sceglievano spesso la Corsica).